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domenica 9 novembre 2008

I seminari dell'Assemblea No 133

"Anche il rapporto dell'OCSE smentisce il governo: per l'università servono riforme e risorse"

L’Assemblea No133 di Ancona ha inaugurato il ciclo di seminari lo scorso 3 novembre, presso il cortile della Facoltà di Economia “G. Fuà”.
Nell’ambito dell’iniziativa il Prof. Robotti e il Prof. Staffolani hanno tenuto una lezione riguardante rispettivamente il federalismo fiscale e il sistema educativo internazionale. Quest’ultimo, in particolare, ha dato la possibilità di conoscere dati interessanti riguardanti il nostro sistema educativo comparato con quello degli altri paesi dell’OCSE.

Si è spesso sentito dire dai nostri ministri, ai quali poi numerosi media hanno fatto eco, che il sistema universitario italiano spende troppo e male e che la spesa dello stato per singolo studente è più alta che negli altri stati europei. Queste affermazioni sono state decisamente smentite dai dati riportati nel rapporto dell’OCSE DEL 2008: “Education at a Glance”.

Prima di fare qualsiasi paragone è però necessario stabilire quali sono gli indicatori utilizzati nella realizzazione di questi confronti:

• Se come indicatore si utilizza la spesa annuale per studente rispetto al PIL pro capite, risulta che l’ Italia spende in media per l’ istruzione in tutti i livelli, a parità di potere d’ acquisto, 7500 dollari contro gli 8500 della media OCSE e gli 8000 di Francia e Germania. Per quanto riguarda l’istruzione superiore, il nostro paese spende, nell’ educazione universitaria, sempre secondo questo indicatore, 8000 dollari per studente mentre la media OCSE è di 12000 dollari l’anno.

• Se come indicatore si considera invece la percentuale della spesa per l’ istruzione rispetto al PIL si può notare un divario ancora maggiore tra il nostro paese e gli altri paesi considerati industrializzati. Se infatti la spesa media OCSE ammonta al 6,1% del PIL; in Italia questa percentuale arriva soltanto al 4,7% (tra l’ altro in calo rispetto al 4,8% del 1995). Ma il dato è ancora più allarmante se andiamo a considerare nello specifico i dati riguardanti l’università, nella quale i paesi OCSE investono 1,5% del PIL contro il nostro 0,9%; percentuale che ci colloca agli ultimissimi posti della classifica.

• L’ultimo indicatore analizzato dal prof. Staffolani è quello riguardante la percentuale della spesa per l’istruzione sul totale della spesa pubblica. Ebbene, in un paese come l’Italia, in cui la spesa pubblica è inferiore solo a quella dei paesi scandinavi, la percentuale di questa utilizzata per finanziare l’ istruzione è solo del 9,5%, 3,7 punti percentuali in meno rispetto alla media degli altri paesi.

Quello che emerge da questi dati è che il sistema di istruzione e in particolare quello universitario non è affatto un peso per l’economia italiana ed è addirittura sottofinanziato rispetto alla media degli altri paesi.

L’Assemblea No 133 ritiene che, nonostante i pochi fondi, molte università, tra cui l'Università Politecnica delle Marche, siano riuscite ad offrire un servizio e dei risultati in linea con l’eccellenza mondiale soprattutto nel campo della ricerca. Questo non significa che l’Università pubblica italiana non abbia punti deboli, tra i quali il più evidente è la disomogeneità del livello qualitativo e dell’efficienza di gestione dei fondi tra ateneo e ateneo.

A questo proposito, è necessario ricordare come non esista un vero e proprio sistema di valutazione dei risultati della ricerca e della formazione, o meglio, come non esista un sistema in grado di favorire risultati eccellenti e inibire gli sprechi di risorse e i disservizi. La proposta del precedente governo di istituire l' ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca), un agenzia terza, indipendente dai soggetti che valuta e dal Governo, è stata bocciata dal ministro Gelmini che l'ha definita “Una costosissima struttura ad alto tasso di burocrazia e rigidità: non è ciò di cui abbiamo bisogno”.

Dati alla mano si può affermare che una riforma del sistema dell’istruzione pubblica è imprescindibile ma effettuare ora una politica di tagli indiscriminati, impedire l’ingresso dei giovani nel mondo della ricerca con la riduzione del turnover, ridurre di fatto ai minimi termini il diritto allo studio con la possibilità per gli atenei di trasformarsi in fondazioni private (queste sono le ricette messe in campo dal governo con la legge 133) non solo non servirebbe a migliorare la qualità dell’università, ma anzi, finirebbe col decretare la fine dell’università pubblica.

Quello che servirebbe all’Università italiana è invece un sistema di valutazione capace di inibire la gestione dissennata dei fondi da parte di alcuni atenei e d’altra parte capace di indirizzare e incrementare le risorse verso gli Atenei che hanno dimostrato e dimostreranno con i loro risultati di essere una vera risorsa per il paese.

Valeria Cippitelli

5 commenti:

Anonimo ha detto...

sarebbe utile leggere per intera la lezione del Prof. Staffolani. Così le lezioni diventano pubbliche veramente.

buon lavoroknople

Unknown ha detto...

non si potrebbero filmare le intere lezioni? potremmo così postarle da qualche parte e renderle disponibili anche dopo che siano effettivamente avvenute

Anonimo ha detto...

si può fare tutto, ma serve gente , genrte e ancora gente, non possiamo scendere in 2000 in piazza e poi essere in 50 a organizzare tutto..lavorare meno, lavorarer tutti:)

Anonimo ha detto...

ely ha ragione...adesso stiamo cercando gente per i banchetti informativi nella varie università e stiamo cercando gente che abbia voglia di aiutare a montare e smontare tutto il service per le lezioni in piazza....ragazzi se avete solo un'ora libera fatevi vedere in aula polifunzionale, chiedete di Balda, di Luca, di Mauro, di Giorgia o di chiunque altro (ho elencato i primi nomi che mi sono venuti in mente e che sono i più presenti durante la giornata) e data la vostra disponibilità lasciandoci un recapito....Grazie mille...

Anonimo ha detto...

Ottimo Lavoro Cippi! Davvero!

Un grazie anche al prof staffolani...

Mercuzio